transgender

La disforia di genere è una condizione caratterizzata da una marcata incongruenza tra il genere assegnato alla nascita e l’identità di genere vissuta dalla persona. Questo stato di disagio può avere un impatto significativo sulla salute mentale e sul benessere generale, spingendo alcuni individui a intraprendere un percorso di transizione di genere, che, come spiega il dott. Izzo, può includere trattamenti ormonali e interventi chirurgici.

Il processo di transizione è altamente personalizzato e può variare da persona a persona. Alcuni pazienti scelgono solo la terapia ormonale, mentre altri optano per interventi chirurgici di riassegnazione sessuale. Questi interventi mirano a modificare l’anatomia genitale per allinearla all’identità di genere percepita. Tra questi ultimi ci sono la vaginoplastica per le donne transgender (MtF) e la falloplastica o metoidioplastica per gli uomini transgender (FtM). Tuttavia, sebbene queste procedure possano migliorare la qualità della vita e ridurre la disforia, esse possono comportare rilevanti implicazioni urologiche, sia nel breve che nel lungo termine. In questo articolo, pertanto, cerchiamo di trattare questo tema molto delicato, per offrire ulteriori chiarimenti a chi si trova nella condizione di dover valutare la scelta di effettuare un intervento per la riassegnazione di genere.

Problemi urologici nei pazienti transgender: le principali criticità

I pazienti transgender che si sottopongono a trattamenti ormonali e interventi chirurgici possono andare incontro a complicanze urologiche significative. Tra le problematiche più comuni ci sono: infezioni del tratto urinario, stenosi uretrali, fistole e disfunzioni del pavimento pelvico.

Nelle donne transgender (MtF), la vaginoplastica crea una neovagina utilizzando tessuti del pene e dello scroto, con un’uretra accorciata. Questo può predisporre a infezioni urinarie ricorrenti e a difficoltà nella minzione. Inoltre, la stenosi dell’uretra può rendere la minzione dolorosa o difficoltosa. Studi scientifici, come quello pubblicato sul Journal of Sexual Medicine, riportano che fino al 25% delle donne transgender sottoposte a vaginoplastica sviluppano complicanze urologiche.

Negli uomini transgender (FtM), la costruzione di un neofallo mediante falloplastica o metoidioplastica può causare stenosi uretrale, con conseguenti difficoltà urinarie e necessità di correzioni chirurgiche. Le fistole uretrali, ovvero comunicazioni anomale tra l’uretra e la cute o altri organi, sono riportate nel 20-40% dei casi, secondo uno studio del European Urology Journal. Inoltre, la lunghezza dell’uretra ricostruita può predisporre a infezioni e problemi di svuotamento vescicale.

Quali interventi subiscono i pazienti transgender e quali sono le conseguenze urologiche?

Le principali procedure chirurgiche nei pazienti transgender hanno un impatto significativo sulla funzionalità urologica. Le tecniche chirurgiche sono tre e le riassumiamo nell’elenco sottostante.

  • Vaginoplastica (MtF): creazione di una neovagina con inversione del pene e accorciamento dell’uretra.
  • Metoidioplastica (FtM): utilizzo del clitoride ipertrofizzato dagli ormoni per creare un piccolo neofallo con una nuova uretra.
  • Falloplastica (FtM): costruzione di un pene utilizzando tessuti di altre parti del corpo (come avambraccio o coscia), con prolungamento dell’uretra per consentire la minzione in posizione eretta.

Dopo questi interventi, molte persone transgender possono sperimentare complicanze immediate e a lungo termine. Nelle donne transgender, una delle principali sfide è la necessità di una corretta dilatazione della neovagina per prevenire stenosi e retrazione dei tessuti. Nei pazienti FtM, il rischio più comune è rappresentato dalle complicanze uretrali come stenosi e fistole, che richiedono spesso interventi correttivi multipli.

L’uso di terapia ormonale per molto tempo può influenzare la salute delle vie urinarie e della prostata. Le donne transgender, ad esempio, possono sviluppare atrofia uretrale e maggiore suscettibilità alle infezioni urinarie. Gli uomini transgender, invece, potrebbero sviluppare ipertrofia del residuo tissutale endometriale o ovarico, con possibili implicazioni oncologiche.

Qual è l’impatto sulla salute urologica a lungo termine?

Le domande più frequenti tra i pazienti transgender riguardano le conseguenze urologiche che possono verificarsi nel tempo dopo l’intervento. Ecco alcuni degli interrogativi più cercati dai pazienti che affrontano una transizione: “Le infezioni urinarie saranno frequenti dopo la vaginoplastica?”, “Potrò urinare in piedi dopo la falloplastica?”, “Ci sono rischi di tumori urologici nei pazienti transgender?”.

La risposta varia in base alla tipologia di intervento e alla gestione post-operatoria. Le infezioni urinarie sono più frequenti nelle donne transgender a causa della conformazione della neovagina e della vicinanza dell’uretra. Studi suggeriscono che il 20-30% delle pazienti sperimenta episodi ricorrenti di cistite. Gli uomini transgender che si sottopongono a falloplastica possono necessitare di revisioni chirurgiche per risolvere complicanze uretrali, con un impatto significativo sulla qualità della vita.

Dal punto di vista oncologico, i rischi specifici per i pazienti transgender non sono ancora completamente chiari. Tuttavia, alcune ricerche suggeriscono che l’uso prolungato di terapia ormonale può influenzare il rischio di tumori urologici, sebbene non vi siano evidenze definitive. Uno studio pubblicato su The Lancet evidenzia che gli uomini transgender con residui uterini possono avere un rischio maggiore di carcinoma endometriale, rendendo consigliati controlli periodici.

In conclusione, l’urologia nei pazienti transgender rappresenta una sfida complessa che richiede un approccio multidisciplinare. La gestione delle complicanze, la prevenzione delle infezioni e il monitoraggio a lungo termine sono aspetti fondamentali per garantire una buona qualità della vita. L’informazione e il supporto medico sono essenziali per accompagnare questi pazienti in un percorso di salute e benessere ottimale.

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Urologia nei pazienti transgender: quali sono le principali sfide?
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La disforia di genere è una condizione caratterizzata da una marcata incongruenza tra il genere assegnato alla nascita e l'identità di genere vissuta dalla persona. Questo stato di disagio può avere un impatto significativo sulla salute mentale e sul benessere generale, spingendo alcuni individui a intraprendere un percorso di transizione di genere, che, come spiega il dott. Izzo, può includere trattamenti ormonali e interventi chirurgici.
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